La libreria dei miei genitori conteneva un’edizione splendidamente illustrata delle favole di La Fontaine tradotte in olandese. Ci potrei stare seduta per ore a sognarne le storie, come quella della quercia e delle canne: la famosa favola della robusta quercia che viene abbattuta da una tempesta, mentre le canne piegandosi alle folate di vento sopravvivono alla tempesta.
Cosa stai leggendo, mi chiese un giorno mio padre.
Cerco qualcosa da recitare a scuola, risposi.
Non lo stai rendendo facile. Immagina di stare di fronte alla classe e di raccontare la storia con parole tue.
Era un bel compito per una bambina di nove anni.
Prima di tutto, avevo bisogno degli scolari. Ho elencato: la bambola Engeltje con gli occhi veri, l’elefante Gajah, la pecora di lana Belhamel e la bambola ragazzo che mio padre mi aveva portato da un viaggio d’affari. Un pubblico super buono: rimasero seduti perfettamente immobili senza chiacchierare né lanciare mazzi di carta.
Stavo raccontando la storia per la quarta volta quando arrivò di corsa il mio piccolo amico Hans. Quello era un pubblico più impegnativo.
Ascolta, ho detto. E gli ho recitato l’intera storia.
Va bene, disse, ma sbrigati adesso. Siamo in ritardo per la lezione di musica. Ora dobbiamo prendere la strada più breve, passando per la casa di quel fastidioso Peter.
Quindi siamo partiti sperando che il grande mostro non ci vedesse. Ma ahimè, eccolo lì con i suoi amici.
Facciamo finta di non vederli né sentirli, ho detto.
Detto fatto. I grandi bulli ci urlavano dietro, ma presto smettevano di divertirsi.
Così, in un solo pomeriggio, dalla quercia e le canne di La Fontaine, sono arrivata all’uomo di Pascal, debole come le canne che pensano e si piegano al vento. Ma su questo non ho letto più fino a 10 anni dopo.
Anneke
Nata in Indonesia
Vive a Den Haag