A mio agio

A settembre mio suocero è morto. Sì, è stato un periodo triste ma è la vita. Al funerale si incontra sempre molta gente.

Mia cognata vive in Inghilterra dunque ho un cognato e due nipoti inglesi. Conosco una ragazza italiana che è anche brava in inglese e spagnolo, un mio amico parla correntemente questa lingua iberica, il padre della ragazza di nostro figlio sta imparando l’italiano. Al pranzo dopo il servizio funebre, questo gruppo “internazionale” si ritrova allo stesso tavolo (sì, ci siamo cercati deliberatamente). Delle volte le nostre chiacchierate assomigliano piuttosto a una confusione di lingue babilonese. Ma ce la facciamo! Ci capiamo e ci divertiamo. Al tavolo accanto a noi c’è la famiglia limburghese del suocero, per me è quasi impossibile capire questo dialetto.

Sono una persona introversa, riflessiva. Ti parlo se mi parli ma di solito non mi piace quando uno sconosciuto cerca di iniziare una conversazione. Parlare del più e del meno è un incubo per me. Ma quando uso la lingua italiana – scrivendo o parlando – mi sento diversa, sono più aperta. In Italia mi piace quando qualcuno mi parla. Anzi, lì non è nemmeno raro che io cominci una conversazione.

Ecco qualche esempio:

  • Durante una settimana bianca trascorsa in Italia, una sera, dopo una giornata sugli sci, ci godiamo la sauna. C’è solo un signore sardo e parliamo della Sardegna, della bellezza e dei problemi dell’isola. Parlare nella sauna? Non lo faccio mai, ma quella volta, sì. Fino a quando una donna entra e ci chiede di fare silenzio. Peccato!
  • Un amico del proprietario del nostro Airbnb ci dà un passaggio da Molfetta a Matera. È un dottore di ricerca in antropologia culturale e lavora all’università della Basilicata. Ci vuole almeno un’ora e 15 minuti per raggiungere la destinazione. La sera prima mi preoccupo: sarò in grado di parlare con lui per più di un’ora? Di che cosa parleremo? Ma non devo preoccuparmi. Parliamo di tutto: della politica belga e italiana, delle nostre famiglie, dell’islam che è la sua area di ricerca, dei nostri passatempi, dei diritti delle minoranze così diversi nei nostri Paesi, della qualità delle strade…. Il viaggio in macchina è finito in un attimo.
  • Una seggiovia mi porta in alta montagna. Nevica. Fa freddissimo. Parlo con due adolescenti siciliane. Una ha vissuto a Berlino per qualche anno. Discutiamo i vantaggi e gli svantaggi di vivere in una società ben strutturata o un po’ meno.
  • Io e la mia amica siamo in un supermercato in Puglia. Una signora molto anziana ci chiede da dove veniamo e dove siano i nostri mariti. “Stanno lavorando mentre voi siete in vacanza?” Rispondiamo che un marito non ce l’abbiamo. La vecchietta scoppia a ridere e dice: “Siete fortunate! È meglio così. Se non avete il marito, non avete problemi!” Scoppiamo a ridere tutte e tre e chiacchieriamo un po’. Non è facile capirla.
  • E per concludere, un ultimo esempio ma forse è il più bello.

Scendendo le scale di un piccolo museo in una cittadina toscana, vedo tre vecchietti seduti su una panchina al sole. Stanno cantando. Riconosco “Nell’immensità” una canzone degli anni sessanta. Io la conosco in una versione più recente e più vivace. All’improvviso canto il ritornello con loro. (Non lo farei MAI in Belgio!) La mia amica è stupita, anche loro sono molto sorpresi. Poi facciamo una bella chiacchierata sugli anni sessanta e settanta. Scopriamo di aver avuto un eroe comune in quegli anni: l’unico e solo Eddy Merckx.

Naturalmente non parlo solo italiano quando sono in Italia. Qui, in Belgio, vado a scuola ogni settimana per imparare l’italiano. Inoltre, conosco una ragazza italiana con cui faccio viaggi in bici, d’estate prendiamo un gelato, facciamo la spesa insieme, viene da noi per cenare, cuciniamo insieme, andiamo al cinema, al mare. Insomma, facciamo le cose di tutti i giorni. Tutto questo mentre parliamo italiano. Ebbene sì, delle volte parliamo del più e del meno, ma chi se ne frega? Le parole sono italiane e mi sento a mio agio.

Anne-Marie

Nata in Belgio
Vive a Lichtaart