Nebbia fitta

Durante la mia infanzia sentivo spesso un racconto di mio padre a San Francisco. Grazie a un problema meccanico del suo aereo e anche a una nebbia fitta, il suo volo verso Honolulu ritardò a San Francisco alla vigilia del bombardamento di Pearl Harbor da parte dei giapponesi. Ascoltando questa storia più e più volte immaginavo ogni volta mio padre bloccato all’aeroporto militare e avvolto dalla nebbia grigia però mi mancava un’immagine ben delineata della città. Da giovane supponevo che la sua sopravvivenza e quindi la mia esistenza fossero indissolubilmente legate a questo luogo misterioso.

L’immagine che avevo evocato da bambina rimase costante fino alla mia adolescenza quando visitai San Francisco e quel vecchio aeroporto accanto alla baia. Nella spiaggia dell’aeroporto abbandonato sentii la sabbia tra le dita dei piedi e testai le acque gelide come per riassicurarmi che questo posto non era finto. Da questo posto potei vedere sia tutta la città bianca sulle colline sia i bunker per i cannoni difensivi e l’artiglieria pesante simili a quelli che mio padre doveva aver sparato nel Pacifico meridionale durante la seconda guerra mondiale. Mi ricordai ancora della sua sosta a San Francisco e dissi che un giorno mi sarebbe piaciuto viverci.

Molti anni dopo, durante la nostra luna di miele, io e mio marito stavamo guidando una macchina attraverso il continente verso San Francisco. Il mio sogno sembrava essersi materializzato. Ci immaginavo un paradiso con un sole brillante, un mare calmo, e una vita romantica. Invece siamo stati colpiti improvvisamente da un vento forte e una nebbia grigia e densa che vorticavano intorno alla nostra macchina che stava sterzando sul ponte della baia. Era estate ma non avevo portato con me nemmeno un maglione di lana o altri vestiti adatti a questo clima così freddo e inospitale. Nelle settimane seguenti mi sentivo intrappolata in un luogo sconosciuto e grigio, lontano dalla mia famiglia e i miei amici con un marito che non faceva che lavorare all’ospedale e dormire perché era uno stagista medico. Il mio futuro mi sembrava incerto come le mie prime visioni di San Francisco. Mi chiesi se il mio sogno fosse diventato un vero incubo.

Non mi ci volle molto tempo per adattarmi alla città. Mi sentivo fortunata di essere a San Francisco, come mio padre. Dopo qualche anno mio marito non lavorava più così duramente ogni notte e eravamo felici con nuovi sogni per la nostra famiglia e i bambini a lungo sperati. Un gran desiderio stava crescendo nel mio cuore, di restare nella città dei miei vecchi sogni. Non consideravo più San Francisco un paradiso mitico ma una vera e propria città in cui mi sentivo pienamente a casa. I miei sogni di vivere e rimanere a San Francisco diventarono la realtà.

Elizabeth

Nata negli Stati Uniti
Vive a Orinda