Un sogno diventato realtà

Anno 1959. Apro una lettera con mani tremanti e respiro affannoso. Hanno accettato la mia candidatura come hostess della Lufthansa? “…Ci dispiace molto. Purtroppo, in quanto portatrice di occhiali non è possibile offrirLe una formazione…” Sono delusa, disperata, arrabbiata.

Ma, non disperare, mi dico, ho ancora speranze con il Auswärtige Amt (Ufficio Estero). Anche quelli non mi accettano. È necessario essere in possesso di un diploma universitario per poter lavorare in un’ambasciata. Maledizione! E io ho solo il diploma di maturità.

Il mio gran sogno era di vedere il mondo intero, di scappare dal piccolo mondo in un minuscolo appartamento condiviso con mia madre e fuggire dalla piccola città bavarese allora insignificante. Volevo imparare le lingue, conoscere la geografia, la storia, la cultura, la gente di Paesi stranieri. Il mio sogno non si sarebbe realizzato? “Puoi fare qualsiasi cosa se vuoi” aveva spesso affermato mia madre, un detto che da bambina odiavo con tutto il cuore.

Ma perché non studiare inglese e francese all’Università di Monaco per diventare professoressa di liceo?
Durante il primo semestre sono stata delusa: lo studio delle lingue contemporanee non era di grande importanza; era invece necessario imparare l’inglese antico e il francese antico, tradurne le opere letterarie corrispondenti. Però ho lavorato duramente per adempire al mio dovere e poter ottenere, dopo alcuni test extra, uno sconto sulle tasse scolastiche. Nel corso degli studi molto impegnativi ho ricevuto una borsa di studio per un programma di scambio al Bedford College di Londra. Il mio desiderio ha cominciato a realizzarsi. Non ho soltanto fatto la conoscenza di giovani, ma ho anche avuto la fortuna di conoscere e amare “i miei genitori inglesi” – un amore per la vita.

Inoltre, nelle vacanze universitarie ho trascorso tre mesi ciascuno da una “ragazza au pair” nella Svizzera francese e a Parigi. Per quei soggiorni avevo risparmiato i soldi saltando il pranzo alla casa dello studente, mangiando invece nient’altro che uno yogurt in una latteria.

Nel piccolo paese svizzero ho conosciuto non solo una famiglia con tre figli ma anche giovani “Gastarbeiter” (“lavoratori ospiti”) italiani con cui ho parlato le mie prime parole italiane. A Parigi, mi hanno voluto “sposare” i tre piccoli figli della famiglia; la donna delle pulizie spagnola chiacchierava con me, un “Americano a Parigi” mi ha invitato a incontrarlo: “Let’s meet on the [ʧæmps elaizis] (Champs Élysées)”. L’ho visto parecchie volte – un ricordo che non dimenticherò.

Tutte queste persone mi raccontavano i lori Paesi e le loro vite e mi insegnavano il lavoro duro, la tolleranza, l’empatia.

Più tardi, grazie alla mia professione, ho incontrato l’amore della mia vita: un uomo amabile, socievole, divertente, eccellente cantante e musicista, ottimo marito e padre. Se il mio sogno originale si fosse avverato, la mia vita sarebbe andata diversamente.

Il cammino per realizzare il mio sogno non è stato facile, ma ogni sforzo e ogni sacrificio sono valsi la pena. Così, l’ammonizione di mia madre si è trasformata in realtà. Mi ha insegnato che quando si ha un desiderio profondo e si è disposti a lottare per realizzarlo, tutto è possibile.

Karin

Nata in Germania
Vive a Pentling