Università

Ogni anno all’inizio di settembre c’è un’invasione di giovani diciottenni nella mia città. La mia città, cioè la piccola città universitaria agricola di Wageningen. È lì che sono cresciuta e ci torno ancora spesso.

I giovani vengono lì per le giornate informative per gli studenti del primo anno. Ci si può conoscere tutto ciò che si può fare come studente, tranne ovviamente studiare. Passano davanti alle bancarelle dove studenti più grandi danno informazioni su sport, cultura, alloggio (oggi un grosso problema), vita nel club studentesco.

La vista di quei volti giovani, in attesa della vita vera che stanno per iniziare, mi commuove. Ripenso a come mi sentivo quando ero nella loro posizione. La decisione di non studiare scienze agricole nella propria città, né – come lo faceva la maggior parte dei compagni di classe – di iniziare lo studio nella vicina città di Utrecht, quella decisione mi avrebbe aperto il mondo, ecce come mi sentivo allora. Avrei vissuto a Leida, troppo lontano dalla casa dei genitori per tornarci ogni fine settimana. E così sarebbe iniziata la mia vita nuova.

L’associazione studentesca a Leida ci ha offerto un modo forzato per conoscere i compagni di sventura. Le ragazze delle rinomate scuole della vicina L’Aia si sono subito unite. Noialtri, che secondo loro venivamo dalla campagna, abbiamo scelto chi sembrava più adatta ad affrontare con noi la nuova, grande avventura della vita.

Ormai siamo ben oltre i settant’anni. Ma sono ancora in contatto con il gruppo, anche se ora viviamo sparsi per il Paese.

Quella nuova vita, iniziata per noi all’età di diciotto anni, fu davvero una rinascita? In un certo senso sì: noi scoprivamo di possedere qualità che prima non avremmo potuto o non avremmo dovuto sviluppare. Con ciò potresti tracciare un nuovo percorso. Ma come ha detto di recente una mia amica, guardando vecchie foto: “Eppure siamo sempre le stesse ragazze, con qualche ruga e malanno in più, e soprattutto ognuna col parrucchiere molto più bravo. Ma penso che tutte quelle nuove qualità fossero già presenti. Dovevamo solo lasciarle venire fuori.”

Anneke

Nata in Indonesia
Vive a L’Aia