Caffè caldo

Una delle scottature che ha lasciato delle tracce sulla mia vita è una che è perfino visibile sul mio corpo, benché io non ricordi l’incidente per niente. All’epoca ero un bambino di 10 mesi.

Non potevo ancora andare a piedi ma ero molto curioso del mondo che stavo scoprendo. I miei genitori hanno comprato un girello per bambini, di cui l’uso era molto comune. Oggi i pediatri ne sconsigliano l’uso e in qualche Paese questi congegni sono pure interdetti. Mia madre mi diceva che lo adoravo. Era possibile che il girello mi fosse molto piaciuto perché mi dava un senso di libertà e di indipendenza.

Un giorno, mi hanno detto i miei genitori, stavo facendo un giro nel girello mentre mia madre era altrove nella casa. Mio fratello maggiore era in cucina, seduto alla tavola. A un certo momento, ho visto un cavo nero che era sospeso dal piano di lavoro. Mi ci sono avvicinato con il girello e ho tirato il cavo, che era collegato a una caffettiera a filtro, piena di caffè caldo. Evidentemente da bambino ero forte perché la caffettiera pesante è caduta, colpendomi nella fronte. Il liquido si è rovesciato sulle braccia, la gamba sinistra e il ventre. Sono stato letteralmente scottato e per un tempo, dicono, non era certo che sopravvivessi. Le ferite erano gravi.

Oggi sono vivo, evidentemente, e la storia—un incubo terribilissimo per qualunque genitore—è finita bene. Non soffro di un trauma psicologico a causa della vicenda perché non ne ho nessuna memoria. Non ho paura del caffè o degli altri liquidi caldi.

Per fortuna, la mia faccia non è stata affettata, ma l’esperienza ha lasciato delle tracce fisiche su altre parti del corpo. Ho cicatrici sulle braccia, la gamba e il ventre. Da bambino, dovevo applicarci della lozione in modo che rimanessero morbide e dovunque potessero “crescere” con me.

Per me, le cicatrici non erano mai strane, semplicemente una parte del mio corpo. Normalmente le dimenticavo e di solito anche l’applicazione della lozione consigliata. Gli altri bambini, alla scuola primaria o alla piscina locale, le notavano, spesso dicendo “Puah, schifoso! Cosa ti è accaduto?!” Malgrado il tono, non ho mai percepito queste esclamazioni puerili come insulti. Forse devo ringraziare i miei genitori che non mi hanno mai fatto sentire che le cicatrici erano qualcosa di cui vergognarmi.

Oggi, le tracce sono svanite un po’ benché siano sempre lì. Questi segni raccontano una storia in cui la tragedia mi ha sfiorata/o ma che è stata evitata. Mi ricordano che sono molto fortunato da poter scrivere queste parole oggi. Mi danno più empatia e comprensione per persone che hanno corpi diversi, che hanno ciò che molti chiamano difetti.

Non voglio dire che mi hanno reso un santo. E sono molto cosciente che le mie cicatrici sono di solito invisibili e che gli altri hanno “alterazioni” più gravi a causa delle quali soffrono atteggiamenti sociali. Il mio caso è diverso, ma la mia esperienza e le sue tracce mi hanno dato una certa prospettiva che forse non avrei senza loro. Quando le noto, penso a volte a una citazione della scrittrice britannica Jeanette Winterson: Delle cicatrici sono la storia scritta sul corpo.

Kyle

Nato negli Stati Uniti
Vive in Francia