Era Domenica, le sei di mattina. Ero stato a Torino per quattro giorni, per una conferenza con i miei colleghi. Era necessario tornare a casa. Il mio capo mi aveva lasciato alla fermata dell’autobus a Caselle, nella periferia di Torino. Dovevo arrivare alla stazione. Dopo essere uscito dalla macchina del mio capo, lui mi ha detto che potevo chiamarlo se l’autobus non fosse arrivato per le sei e mezzo, non era un problema. Erano le 6.05 e l’autobus sarebbe dovuto arrivare in cinque minuti. Alle 6.15 l’autobus non era ancora arrivato. C’erano anche altre persone che lo aspettavano. 6.25, e l’autobus non c’era. Dov’era finito? A quell’ora non c’era traffico.
Alle 6.30 ho telefonato al mio capo, ma lui non ha risposto. Alle 6.35 l’autobus non era ancora lì. Forse l’autista si era fermato per un caffè. Ho telefonato al mio capo una seconda volta, ma anche questa volta non mi ha risposto. L’autobus è arrivato alle 6.40. Finalmente. Non parlavo bene l’italiano, quindi non ho domandato cosa era successo. Siamo partiti da Caselle per la stazione di Torino. Circa venticinque minuti di strada. Dopo quindici minuti eravamo a Torino. Ma poi il primo semaforo è diventato rosso. Perché? Non c’erano altre macchine. Abbiamo aspettato e sembrava un tempo lungo. Poi il semaforo è diventato verde e abbiamo continuato. Ma il semaforo successivo è diventato rosso. Anche il terzo.
Finalmente siamo arrivati alla stazione di Torino Porta Susa. Ho guardato il mio telefono. Erano le 7.12. Il mio treno doveva partire alle 7.10. Forse il treno era in ritardo. Sono uscito dall’autobus in fretta e ho corso dall’autobus alla stazione. Ho guardato il tabellone delle partenze per vedere se il mio treno era lì. Ma era appena partito da due minuti o poco meno. Sono andato in biglietteria e ho parlato con una donna. Mentre le spiegavo la situazione, le ho mostrato il mio biglietto. Dicevo che l’autobus era arrivato con trenta minuti di ritardo. La donna era arrabbiata con me. Diceva che non conosceva questo autobus. Era necessario comprare un nuovo biglietto. Non potevo credere che la donna non conoscesse quell’autobus.
E poi il mio cellulare ha suonato. Era il mio capo. Ho risposto. Un grande errore. Adesso parlavo con due persone contemporaneamente. Parlavo inglese con il mio capo e l’italiano (quel poco che conoscevo) con la donna. Il mio capo diceva di aver visto che aveva perso due mie chiamate. Mentre parlavo con lui la donna ha fatto un nuovo biglietto. Dopo aver finito di parlare con il mio capo, la donna ha detto che ci volevano novanta euro per il nuovo biglietto. Come? Il biglietto di andata e ritorno era costato ottantotto euro. Alla fine ho preso un altro treno da Torino a Perugia e sono tornato a casa mia.
Brian – Los Angeles, Stati Uniti