Quando parlo italiano, una porta si apre.
Sono io e nello stesso tempo, sono un altro, ma non proprio un altro, piuttosto qualcuno di differente, qualcuno che non conosco, qualcuno che scopro e, a volte, qualcuno che mi sorprende.
Non è facile a spiegare.
Qualche giorno fa, ho scoperto la parola «polvere».
Prima di cercarne la traduzione, ho lasciato questa parola passeggiare nella mia mente. Dopo ho gustato la sua sonorità, il suo potere d’evocazione.
C’era un ragazzino che teneva la mano di un uomo vecchio.
Camminavano insieme su un sentiero bianco.
Il vento sollevava nuvole di polvere sul cammino.
Ce n’era dappertutto, sulle scarpe, nei capelli e anche nella bocca.
Penso che quest’uomo era mio nonno. Un’uomo che non ho conosciuto, perché è morto prima della mia nascita. Quest’uomo era italiano, ma non so perché, non ha mai parlato italiano con sua figlia, cioè mia madre.
Qualche anno fa, sono andato in Sicilia. Ho adorato questo viaggio.
È dopo questo viaggio, che ho deciso di imparare l’italiano, ovviamente perché mi piace questa lingua, le sue sonorità e i suoi misteri, ma più probabilmente per riallacciare il legame con questa famiglia italiana che, purtroppo, non ho mai conosciuto.
Finalmente, forse mio nonno, attraverso il tempo, mi ha lasciato questo, la nostalgia di una storia, di un paese, di una famiglia, la nostalgia di un ritorno impossibile e l’amore della sua lingua che ora mi fa sentire più completo.
Christian
Nato in Francia
Vive a Parigi