Opossum

Domenica scorsa mi sono reso conto che c’era un opossum morto in giardino. Ci ho messo un po’ di tempo per capirlo. Stavo fumando sul patio e mi sono messo sul bordo davanti al cespuglio basso per guardare la striscia stretta di erba che c’è tra la mia casa e il recinto di legno che fa da confine con il giardino del vicino. Non serve a niente quella striscia se non per ospitare il compressore dell’aria condizionata e per dare un vicolo di passaggio per gli animaletti del quartiere. Ci sono un paio di passaggi sotto il recinto scavati probabilmente dagli opossum o forse dai conigli, e poi un altro sotto il pezzo di ricinto che blocca il passaggio tra la zona anteriore del giardino e quella dietro. Questi confini sono importanti per la privacy secondo le fiabe di periferia del Sud, e servono anche alla sicurezza.

Balle queste fiabe, in quanto quello tra il giardino davanti alla casa e quello dietro è così basso che un ladro potrebbe tranquillamente saltarlo per poi essere un po’ più nascosto per entrare in casa. Poi quello tra la mia casa e quella del vicino, anche se un po’ più alto, non impedisce a lui a vedere il mio patio se si mette in punta di piedi, e poi lui ha una sua telecamera di sicurezza che vede non solo il suo giardino ma anche il mio, incluso il patio e la porta di casa mia. Inoltre, la casa che c’è dietro alla mia ha due piani e tutte le finestre del secondo piano hanno il mio giardino in bella vista. Privacy zero.

Ma questa situazione piace agli animali del quartiere che riescono a passare tranquillamente tra un giardino e l’altro e loro credono ciecamente nelle fiabe della privacy e sicurezza. Scappano dal giardino del mio vicino, che è sempre in giro la fuori anche nei momenti più caldi delle giornate estive, e arrivano nel mio dove non c’è mai nessuno se non io che fumo. E io sono contento di dargli il benvenuto silenzioso quando li vedo. In questo periodo, non so perché, mi sveglio sempre troppo presto la mattina – attorno alle tre o le quattro – e mi trovo fuori nel fresco della notte che sono anche le ore quando girano gli opossum. Mi fa tanto piacere vederli arrivare dal buco sotto il recinto per poi camminare con il loro modo lento e attento lungo il confine del recinto prima di sbucare fuori da qualche altra parte.


E io sono contento di dargli il benvenuto silenzioso quando li vedo.


Sono animali primitivi gli opossum, e a quanto pare anche tanto stupidi. Girano molto lentamente e se vengano spaventati da qualche rumore (i movimenti non li disturbano in quanto vedono pochissimo), si congelano sul posto e si fingono morti. Per fortuna si riproducono in tanti e così la specie va avanti. So fossero in meno, sparirebbero dal pianeta. Le strategie per la sopravvivenza sono tante.

Così, domenica scorsa, di pomeriggio, stavo fumando sul patio nel pieno caldo di luglio, e sono andato a controllare quella striscia maledetta da dove vedo anche la strada principale del quartiere in lontananza. Lì, tra il compressore grande e rumoroso dell’aria condizionata e il recinto maledetto, vedo questa palla bianca e grigia di pelo. Ho pensato che era strano vedere un opossum che dorme all’aperto così durante il giorno. Loro cercano buchi nascosti di solito, e non dormono per terra. Non ci ho pensato più. Però, qualche ora dopo sono tornato e eccolo là, quell’animale nello stesso posto di prima. Sapevo che era morto, ma sono tornato dentro e sono andato alla finestra della camera di mio figlio che guarda proprio al compressore. Ecco, poveraccio, un opossum morto, sarà proprio quello che ho visto più volte attraversare il mio giardino presto la mattina.

Aveva un’espressione di dolore sul viso, bocca aperta coi denti appuntiti visibili e non c’erano segni di violenza sul corpo. Non è stato ammazzato da un falco o un cane. Non so distinguere un opossum giovane da uno vecchio, peli bianchi e grigi ne hanno tutti, anche i più piccoli, e questo disgraziato era uguale a tutti gli altri, anche se ne avevo visti di più grandi. Avvelenata, povera bestia, era l’unica possibilità o forse anche la rabbia. E cazzo, penso io, cosa faccio adesso? Chiamo qualcuno? Lo butto nell’immondizia? Magari ci penserà il comune?

Dopo un po’ di tempo – e un’altra sigaretta – decido di chiamare il comune la mattina dopo per capire la cosa migliore da fare in questi casi. Magari vengono loro, visto che l’animale potrebbe essere morto di rabbia e che potrebbe costituire un pericolo per tutti. Ecco, sicuramente verrebbero quelli del controllo animali. Nel frattempo il mio povero conoscente sta là, in giardino sotto il sole. Non mi sembrava giusto che stesse lì all’aperto, ma poi sapevo quanto schifo mi farebbe dover raccoglierlo e buttarlo come spazzatura nel cassetto dietro casa. Meglio aspettare.


A me sembrava che lo conoscessi, visto che l’avevo visto più volte frugare insetti nel mio giardino. Ci siamo anche salutati un paio di volte.


Così ho passato la mia domenica, stanco morto per essermi svegliato tanto presto la mattina, pensando a quell’animale là fuori a pochi passi da me rinchiuso comodo in casa. A me sembrava che lo conoscessi, visto che l’avevo visto più volte frugare insetti nel mio giardino. Ci siamo anche salutati un paio di volte. Era bastato fare rumore quando lo vedevo per fermarlo al suo posto. Non potevo e non volevo avvicinarmi a lui, ma un saluto l’ho dato, visto che ci trovavamo in quel posto a quell’ora da soli a farci i cazzi nostri. Forse era il fatto che si è fermato. Ci sono sempre conigli in giro e anche tanti scoiattoli, e anche loro si fermano a guardarti quando ti notano prima di correre via da matti.

L’opossum invece si ferma ma non ti vede. Sta là finché non sente altri rumori, e poi continua il suo passo lento come niente fosse. Può anche darsi che è l’ora in cui lo trovo, presto la mattina, che siamo solo noi in giro e il resto del mondo non esiste ancora. Fatto sta che i sensi di colpa mi vengono e mi dispiace lasciarlo lì a cuocere. Ci penso.


Può anche darsi che è l’ora in cui lo trovo, presto la mattina, che siamo solo noi in giro e il resto del mondo non esiste ancora.


Chi di voi ha pensato “figurati che vengono quelli del comune per portarti via un opossum morto nel proprio giardino di casa” aveva ragione. Lunedì mattina chiamo l’ufficio del controllo animali del comune e lascio un messaggio nella segreteria telefonica spiegando il problema e chiedendo un consiglio su come procedere, nominando anche la possibilità di rabbia ecc. Chiudo e torno al lavoro. Mi richiamano il pomeriggio e parla una signora con una voce non giovane che mi spiega che se non voglio farlo io, verranno loro ma ci vorrà del tempo e non sa neanche quanto. Allora, ho detto, lo faccio io. Mi ha anche ringraziato.

Chiamo mia madre e le chiedo un sacco di plastica grande, quelli neri che non compro io perché in genere non mi servono. Prendo il sacchetto, mi metto le scarpe vecchie e i guanti da giardinaggio e vado in giardino. L’animale è ancora là, chiaramente, circondato da mosche e altri insetti e c’è una puzza da far paura. La faccia sua sembra ancora piena di dolore come sarà anche la mia ormai, tra la puzza pazzesca e l’orrore della morte che ho adesso proprio davanti. Cercando di non toccare il corpo neanche con i guanti metto il sacco attorno al corpo e cerco di alzarlo. È molto più pesante di quanto pensavo e devo aggiustare un po’ le mani, ma riesco a girarlo dentro il sacchetto, sudore ormai sulla fronte e una faccia da orrore totale. Chiudo il sacco e faccio i pochi metri verso il cassonetto tenendolo lontano dal mio corpo, circondato dalla puzza della morte. Apro il cassonetto, è vuoto, e butto quel povero disgraziato di animale dentro e lo chiudo, sollevato di aver terminato quel compito.

Il cassonetto era vuoto. Era lunedì pomeriggio e mi rendo conto entrando io in casa che gli spazzini vengono il lunedì mattina. La bestia sarà là, nel forno del cassonetto una settimana intera prima che vengono a portarlo via. E infatti, adesso che scrivo è domenica mattina, una settimana dopo, e la bestia, o meglio, quello che rimane della bestia è ancora la fuori. La puzza attorno al cassonetto è insopportabile, come l’animale volesse ancora annunciare la sua presenza anche dopo la morte. Mi rendo conto che io sono l’unico al mondo ormai che si ricorda di lui e che poi anch’io dimenticherò la sua vita quando saranno passati gli spazzini, quando avrò pulito il cassonetto e anche la sua puzza passerà nel vuoto. Ho sempre pensato che vorrei essere cremato, ma adesso non sono più sicuro. Forse è meglio fare come l’opossum e gridare fino all’ultimo che ci sono stato anch’io.

Wade

Nato negli Stati Uniti
Vive a Dallas