Passato remoto

Molto spesso, nei 4 anni della mia permanenza in Italia, mi sono trovato a parlare del perché sono venuto qui, di come sono venuto e via dicendo. A volte ne parlo con perfetti sconosciuti e altre volte con persone che mi sono care. In base all’interlocutore, scelgo quale parte della storia raccontare e quale no. In tutti questi casi, mi trovo di solito a parlare del passato prossimo (ovvero del tragitto dalla Libia all’Italia), del presente, e anche del futuro.

In questi giorni sto leggendo un romanzo di una scrittrice nigeriana, Chimamanda Ngozi Adichie, la stessa che ha scritto un altro bellissimo romanzo che mi fece compagnia durante il mio viaggio, intitolato “Americanah” e parla di una ragazza, anzi di tanti ragazzi come me che partono per l’America sperando in un futuro migliore. Leggerlo mi ha fatto riflettere molto su alcuni aspetti del mio viaggio che sembrano appartenere a un passato remoto, lontano dall’attuale presente, tanto che dopo 4 anni ho quella sensazione di perdere piano piano frammenti di quella parte della mia storia; ovvero i momenti prima e durante il tragitto verso Libia.

Nel tentativo di non perdere contatto con quel passato, metto per iscritto le emozioni di quelle lunghissime giornate.

Una delle tante frasi di quel romanzo che mi sono rimaste in testa è: “spesso non si parte perché c’è in corso una guerra o perché si occupa il gradino più alto nella scala della povertà ma perché semplicemente si è a corto di scelte“. Ecco, scelte: il non aver altre scelte a disposizione è proprio una delle tante ragioni per cui si decide di partire un giorno alla cieca per un posto che sembra un paradiso al momento della partenza, un posto dove tutto sarà possibile.

Ebbene, i momenti che appartengono alla categoria del “passato remoto” della mia storia, così come quella di tanti altri come me, non sono affatto momenti di cui si vuole conservare la memoria e allo stesso tempo non sono momenti da dimenticare. Sono quei momenti durante i quali non si ha altra scelta a disposizione se non quella di “continuare ad andare avanti” verso una meta sempre più vicina all’immaginazione ma sempre più lontana dalla realtà. Sono quei momenti in cui l’unica ragione per cui si va avanti rimane quella forte ma anche fragile speranza che il prossimo passo sarà meno dolente di quello presente e di quello passato. Sono quei momenti in cui anche la vista di una casa in mezzo al deserto conforta il cuore come l’imbattersi in un’oasi in mezzo a quel deserto. C’è chi, come me, decide di archiviare quei momenti nella cartella “passato remoto”, c’è chi li porta di pari passo con il proprio “presente” proiettandoli nel “futuro”. In qualunque modo si decida di trattarli, una cosa certa è che quei momenti sono pezzi della storia di chi li vive, cioè di coloro che partono anche da una città per un’altra, da un paese verso un altro, e molto spesso da un continente all’altro, pezzi della loro storia che andranno a contribuire alla formazione di chi li ha vissuti.

Kehinde

Nato in Nigeria
Vive a Scordia